CV capitolo 2

CHRISTUS VIVIT

(Suggeriamo il capitolo 2 per l’hashtag #vivi)

CAPITOLO SECONDO

Gesù Cristo sempre giovane

22. Gesù è «giovane tra i giovani per essere l’esempio dei giovani e consacrarli al Signore».[3] Per questo il Sinodo ha affermato che «la giovinezza è un periodo originale e stimolante della vita, che Gesù stesso ha vissuto, santificandola».[4] Cosa ci racconta il Vangelo sulla giovinezza di Gesù?

La giovinezza di Gesù

23. Il Signore «emise lo spirito» (Mt 27,50) su una croce quando aveva poco più di trent’anni (cfr Lc 3,23). È importante prendere coscienza che Gesù è stato un giovane. Ha dato la sua vita in una fase che oggi è definita come quella di un giovane-adulto. Nel pieno della sua giovinezza iniziò la sua missione pubblica e così «una luce è sorta» (Mt 4,16), specialmente quando diede la sua vita fino alla fine. Questo finale non è stato improvvisato, al contrario tutta la sua giovinezza è stata una preparazione preziosa, in ognuno dei suoi momenti, perché «tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero»[5] e «tutta la vita di Cristo è mistero di redenzione».[6]

24. Il Vangelo non parla della fanciullezza di Gesù, ma ci racconta alcuni avvenimenti della sua adolescenza e giovinezza. Matteo colloca questo periodo della giovinezza del Signore tra due eventi: il ritorno della sua famiglia a Nazaret, dopo il tempo di esilio, e il suo battesimo nel Giordano, dove ha iniziato la sua missione pubblica. Le ultime immagini di Gesù bambino sono quella di un piccolo rifugiato in Egitto (cfr Mt 2,14-15) e poi quella di un rimpatriato a Nazaret (cfr Mt 2,19-23). Le prime immagini di Gesù giovane-adulto sono quelle che ce lo presentano tra la folla accanto al fiume Giordano, venuto per farsi battezzare da suo cugino Giovanni il Battista come uno dei tanti del suo popolo (cfr Mt 3,13-17).

25. Quel battesimo non era come il nostro, che ci introduce alla vita della grazia, bensì è stata una consacrazione prima di iniziare la grande missione della sua vita. Il Vangelo dice che il suo battesimo è stato motivo della gioia e del beneplacito del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l’amato» (Lc 3,22). Immediatamente Gesù è apparso ricolmo di Spirito Santo ed è stato condotto dallo Spirito nel deserto. In questo modo, era pronto per andare a predicare e a fare prodigi, per liberare e guarire (cfr Lc 4,1-14). Ogni giovane, quando si sente chiamato a compiere una missione su questa terra, è invitato a riconoscere nella sua interiorità quelle stesse parole che Dio Padre gli rivolge: «Tu sei mio figlio amato».

26. Tra questi racconti, ne troviamo uno che mostra Gesù in piena adolescenza. È quando ritornò con i suoi genitori a Nazaret, dopo che lo avevano perso e ritrovato nel Tempio (cfr Lc 2,41-51). Qui dice che «stava loro sottomesso» (cfr Lc 2,51), perché non aveva rinnegato la sua famiglia. Subito Luca aggiunge che Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Vale a dire, si stava preparando e in quel periodo stava approfondendo il suo rapporto con il Padre e con gli altri. San Giovanni Paolo II ha spiegato che non cresceva solo fisicamente, ma che «vi è stata in Gesù anche una crescita spirituale» perché «la pienezza di grazia in Gesù era relativa all’età: c’era sempre pienezza, ma una pienezza crescente col crescere dell’età».[7]

27. In base a questi dati evangelici possiamo affermare che, nella sua fase giovanile, Gesù si stava “formando”, si stava preparando a realizzare il progetto del Padre. La sua adolescenza e la sua giovinezza lo hanno orientato verso quella missione suprema.

28. Nell’adolescenza e nella giovinezza il suo rapporto con il Padre era quello del Figlio amato; attratto dal Padre, cresceva occupandosi delle sue cose: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Tuttavia, non dobbiamo pensare che Gesù fosse un adolescente solitario o un giovane che pensava a sé stesso. Il suo rapporto con la gente era quello di un giovane che condivideva tutta la vita di una famiglia ben integrata nel villaggio. Aveva imparato il lavoro del padre e poi lo ha sostituito come falegname. Per questo, nel Vangelo in una occasione viene chiamato «il figlio del falegname» (Mt 13,55) e un’altra volta semplicemente «il falegname» (Mc 6,3). Questo dettaglio mostra che era un ragazzo del villaggio come gli altri e che aveva relazioni del tutto normali. Nessuno lo considerava un giovane strano o separato dagli altri. Proprio per questo motivo, quando Gesù si presentò a predicare, la gente non si spiegava da dove prendesse quella saggezza: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22).

29. Il fatto è che «neppure Gesù crebbe in una relazione chiusa ed esclusiva con Maria e Giuseppe, ma si muoveva con piacere nella famiglia allargata in cui c’erano parenti e amici».[8] Comprendiamo così perché, al momento di ritornare dal pellegrinaggio a Gerusalemme, i genitori fossero tranquilli pensando che quel ragazzo di dodici anni (cfr Lc 2,42) camminasse liberamente tra la gente, benché non lo vedessero per un giorno intero: «credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio» (Lc2,44). Di certo – pensavano – Gesù stava lì, andava e veniva in mezzo agli altri, scherzava con quelli della sua età, ascoltava i racconti degli adulti e condivideva le gioie e le tristezze della carovana. Il termine greco usato da Luca per la carovana dei pellegrini – synodía – indica precisamente questa “comunità in cammino” di cui la Santa Famiglia è parte. Grazie alla fiducia dei suoi genitori, Gesù si muove con libertà e impara a camminare con tutti gli altri.

La sua giovinezza ci illumina

30. Questi aspetti della vita di Gesù possono costituire un’ispirazione per ogni giovane che cresce e si prepara a compiere la sua missione. Ciò comporta maturare nel rapporto con il Padre, nella consapevolezza di essere uno dei membri della famiglia e della comunità, e nell’apertura ad essere colmato dallo Spirito e condotto a compiere la missione che Dio affida, la propria vocazione. Nulla di tutto questo dovrebbe essere ignorato nella pastorale giovanile, per non creare progetti che isolino i giovani dalla famiglia e dal mondo, o che li trasformino in una minoranza selezionata e preservata da ogni contagio. Abbiamo bisogno, piuttosto, di progetti che li rafforzino, li accompagnino e li proiettino verso l’incontro con gli altri, il servizio generoso, la missione.

31. Gesù non illumina voi, giovani, da lontano o dall’esterno, ma partendo dalla sua stessa giovinezza, che egli condivide con voi. È molto importante contemplare il Gesù giovane che ci mostrano i Vangeli, perché Egli è stato veramente uno di voi, e in Lui si possono riconoscere molti aspetti tipici dei cuori giovani. Lo vediamo, ad esempio, nelle seguenti caratteristiche: «Gesù ha avuto una incondizionata fiducia nel Padre, ha curato l’amicizia con i suoi discepoli, e persino nei momenti di crisi vi è rimasto fedele. Ha manifestato una profonda compassione nei confronti dei più deboli, specialmente i poveri, gli ammalati, i peccatori e gli esclusi. Ha avuto il coraggio di affrontare le autorità religiose e politiche del suo tempo; ha fatto l’esperienza di sentirsi incompreso e scartato; ha provato la paura della sofferenza e conosciuto la fragilità della Passione; ha rivolto il proprio sguardo verso il futuro affidandosi alle mani sicure del Padre e alla forza dello Spirito. In Gesù tutti i giovani possono ritrovarsi».[9]

32. D’altra parte, Gesù è risorto e vuole farci partecipare alla novità della sua risurrezione. Egli è la vera giovinezza di un mondo invecchiato ed è anche la giovinezza di un universo che attende con «le doglie del parto» (Rm 8,22) di essere rivestito della sua luce e della sua vita. Vicino a Lui possiamo bere dalla vera sorgente, che mantiene vivi i nostri sogni, i nostri progetti, i nostri grandi ideali, e che ci lancia nell’annuncio della vita che vale la pena vivere. In due curiosi dettagli del Vangelo di Marco possiamo vedere la chiamata alla vera giovinezza dei risorti. Da una parte, nella passione del Signore appare un giovane timoroso che cercava di seguire Gesù ma che fuggì via nudo (cfr 14,51-52), un giovane che non ebbe la forza di rischiare tutto per seguire il Signore. Invece, vicino al sepolcro vuoto, vediamo un giovane «vestito di una veste bianca» (16,5) che invitava a vincere la paura e annunciava la gioia della risurrezione (cfr 16,6-7).

33. Il Signore ci chiama ad accendere stelle nella notte di altri giovani; ci invita a guardare i veri astri, quei segni così diversificati che Egli ci dà perché non rimaniamo fermi, ma imitiamo il seminatore che osservava le stelle per poter arare il campo. Dio accende stelle per noi affinché possiamo continuare a camminare: «Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate e hanno risposto» (Bar 3,34-35). Ma Cristo stesso è per noi la grande luce di speranza e di guida nella nostra notte, perché Egli è «la stella radiosa del mattino» (Ap 22,16).

La giovinezza della Chiesa

34. Essere giovani, più che un’età, è uno stato del cuore. Quindi, un’istituzione antica come la Chiesa può rinnovarsi e tornare ad essere giovane in diverse fasi della sua lunghissima storia. In realtà, nei suoi momenti più tragici, sente la chiamata a tornare all’essenziale del primo amore. Ricordando questa verità, il Concilio Vaticano II affermava che «ricca di un lungo passato sempre in essa vivente, e camminando verso la perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera giovinezza del mondo». In essa è sempre possibile incontrare Cristo «il compagno e l’amico dei giovani».[10]

Una Chiesa che si lascia rinnovare

35. Chiediamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile. Chiediamo anche che la liberi da un’altra tentazione: credere che è giovane perché cede a tutto ciò che il mondo le offre, credere che si rinnova perché nasconde il suo messaggio e si mimetizza con gli altri. No. È giovane quando è sé stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte.

36. È vero che noi membri della Chiesa non dobbiamo essere tipi strani. Tutti devono poterci sentire fratelli e vicini, come gli Apostoli, che godevano «il favore di tutto il popolo» (At 2,47; cfr 4,21.33; 5,13). Allo stesso tempo, però, dobbiamo avere il coraggio di essere diversi, di mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale.

37. La Chiesa di Cristo può sempre cadere nella tentazione di perdere l’entusiasmo perché non ascolta più la chiamata del Signore al rischio della fede, a dare tutto senza misurare i pericoli, e torna a cercare false sicurezze mondane. Sono proprio i giovani che possono aiutarla a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà. Essi possono portare alla Chiesa la bellezza della giovinezza quando stimolano «la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove conquiste».[11]

38. Chi di noi non è più giovane ha bisogno di occasioni per avere vicini la loro voce e il loro stimolo, e «la vicinanza crea le condizioni perché la Chiesa sia spazio di dialogo e testimonianza di fraternità che affascina».[12] Abbiamo bisogno di creare più spazi dove risuoni la voce dei giovani: «L’ascolto rende possibile uno scambio di doni, in un contesto di empatia. […] Allo stesso tempo pone le condizioni per un annuncio del Vangelo che raggiunga veramente il cuore, in modo incisivo e fecondo».[13]

Una Chiesa attenta ai segni dei tempi

39. «Se per molti giovani Dio, la religione e la Chiesa appaiono parole vuote, essi sono sensibili alla figura di Gesù, quando viene presentata in modo attraente ed efficace».[14] Per questo bisogna che la Chiesa non sia troppo concentrata su sé stessa, ma che rifletta soprattutto Gesù Cristo. Questo comporta che riconosca con umiltà che alcune cose concrete devono cambiare, e a tale scopo ha anche bisogno di raccogliere la visione e persino le critiche dei giovani.

40. Al Sinodo si è riconosciuto che «un numero consistente di giovani, per le ragioni più diverse, non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esistenza. Alcuni, anzi, chiedono espressamente di essere lasciati in pace, poiché sentono la sua presenza come fastidiosa e perfino irritante. Tale richiesta spesso non nasce da un disprezzo acritico e impulsivo, ma affonda le radici anche in ragioni serie e rispettabili: gli scandali sessuali ed economici; l’impreparazione dei ministri ordinati che non sanno intercettare adeguatamente la sensibilità dei giovani; la scarsa cura nella preparazione dell’omelia e nella presentazione della Parola di Dio; il ruolo passivo assegnato ai giovani all’interno della comunità cristiana; la fatica della Chiesa di rendere ragione delle proprie posizioni dottrinali ed etiche di fronte alla società contemporanea».[15]

41. Anche se ci sono giovani che sono contenti quando vedono una Chiesa che si mostra umilmente sicura dei suoi doni e anche capace di esercitare una critica leale e fraterna, altri giovani chiedono una Chiesa che ascolti di più, che non stia continuamente a condannare il mondo. Non vogliono vedere una Chiesa silenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra per due o tre temi che la ossessionano. Per essere credibile agli occhi dei giovani, a volte ha bisogno di recuperare l’umiltà e semplicemente ascoltare, riconoscere in ciò che altri dicono una luce che la può aiutare a scoprire meglio il Vangelo. Una Chiesa sulla difensiva, che dimentica l’umiltà, che smette di ascoltare, che non si lascia mettere in discussione, perde la giovinezza e si trasforma in un museo. Come potrà accogliere così i sogni dei giovani? Benché possieda la verità del Vangelo, questo non significa che l’abbia compresa pienamente; piuttosto, deve sempre crescere nella comprensione di questo tesoro inesauribile.[16]

42. Ad esempio, una Chiesa eccessivamente timorosa e strutturata può essere costantemente critica nei confronti di tutti i discorsi sulla difesa dei diritti delle donne ed evidenziare costantemente i rischi e i possibili errori di tali rivendicazioni. Viceversa, una Chiesa viva può reagire prestando attenzione alle legittime rivendicazioni delle donne che chiedono maggiore giustizia e uguaglianza. Può ricordare la storia e riconoscere una lunga trama di autoritarismo da parte degli uomini, di sottomissione, di varie forme di schiavitù, di abusi e di violenza maschilista. Con questo sguardo sarà capace di fare proprie queste rivendicazioni di diritti, e darà il suo contributo con convinzione per una maggiore reciprocità tra uomini e donne, pur non essendo d’accordo con tutto ciò che propongono alcuni gruppi femministi. In questa linea, il Sinodo ha voluto rinnovare l’impegno della Chiesa «contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale».[17] Questa è la reazione di una Chiesa che si mantiene giovane e si lascia interrogare e stimolare dalla sensibilità dei giovani.

Maria, la ragazza di Nazaret

43. Nel cuore della Chiesa risplende Maria. Ella è il grande modello per una Chiesa giovane che vuole seguire Cristo con freschezza e docilità. Quando era molto giovane, ricevette l’annuncio dell’angelo e non rinunciò a fare domande (cfr Lc 1,34). Ma aveva un’anima disponibile e disse: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38).

44. «Sempre impressiona la forza del “sì” di Maria, giovane. La forza di quell’“avvenga per me” che disse all’angelo. È stata una cosa diversa da un’accettazione passiva o rassegnata. È stato qualcosa di diverso da un “sì” come a dire: “Bene, proviamo a vedere che succede”. Maria non conosceva questa espressione: vediamo cosa succede. Era decisa, ha capito di cosa si trattava e ha detto “sì”, senza giri di parole. È stato qualcosa di più, qualcosa di diverso. È stato il “sì” di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto, senza altra garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa. E domando a ognuno di voi: vi sentite portatori di una promessa? Quale promessa porto nel cuore, da portare avanti? Maria, indubbiamente, avrebbe avuto una missione difficile, ma le difficoltà non erano un motivo per dire “no”. Certo che avrebbe avuto complicazioni, ma non sarebbero state le stesse complicazioni che si verificano quando la viltà ci paralizza per il fatto che non abbiamo tutto chiaro o assicurato in anticipo. Maria non ha comprato un’assicurazione sulla vita! Maria si è messa in gioco, e per questo è forte, per questo è una influencer, è l’influencer di Dio! Il “sì” e il desiderio di servire sono stati più forti dei dubbi e delle difficoltà».[18]

45. Senza cedere a evasioni o miraggi, «Ella seppe accompagnare il dolore di suo Figlio, […] sostenerlo con lo sguardo e proteggerlo con il cuore. Dolore che soffrì, ma che non la piegò. È stata la donna forte del “sì”, che sostiene e accompagna, protegge e abbraccia. Ella è la grande custode della speranza. […] Da lei impariamo a dire “sì” alla pazienza testarda e alla creatività di quelli che non si perdono d’animo e ricominciano da capo».[19]

46. Maria era la ragazza con un’anima grande che esultava di gioia (cfr Lc 1,47), era la fanciulla con gli occhi illuminati dallo Spirito Santo che contemplava la vita con fede e custodiva tutto nel suo cuore (cfr Lc 2,19,51). Era quella inquieta, quella pronta a partire, che quando seppe che sua cugina aveva bisogno di lei non pensò ai propri progetti, ma si avviò «senza indugio» (Lc 1,39) verso la regione montuosa.

47. E quando c’è bisogno di proteggere il suo bambino, eccola andare con Giuseppe in un paese lontano (cfr Mt 2,13-14). Per questo rimase in mezzo ai discepoli riuniti in preghiera in attesa dello Spirito Santo (cfr At 1,14). Così, con la sua presenza, è nata una Chiesa giovane, con i suoi Apostoli in uscita per far nascere un mondo nuovo (cfr At 2,4-11).

48. Quella ragazza oggi è la Madre che veglia sui figli, su di noi suoi figli che camminiamo nella vita spesso stanchi, bisognosi, ma col desiderio che la luce della speranza non si spenga. Questo è ciò che vogliamo: che la luce della speranza non si spenga. La nostra Madre guarda questo popolo pellegrino, popolo di giovani che lei ama, che la cerca facendo silenzio nel proprio cuore nonostante che lungo il cammino ci sia tanto rumore, conversazioni e distrazioni. Ma davanti agli occhi della Madre c’è posto soltanto per il silenzio colmo di speranza. E così Maria illumina di nuovo la nostra giovinezza.

Giovani santi

49. Il cuore della Chiesa è pieno anche di giovani santi, che hanno dato la loro vita per Cristo, molti di loro fino al martirio. Sono stati preziosi riflessi di Cristo giovane che risplendono per stimolarci e farci uscire dalla sonnolenza. Il Sinodo ha sottolineato che «molti giovani santi hanno fatto risplendere i lineamenti dell’età giovanile in tutta la loro bellezza e sono stati nella loro epoca veri profeti di cambiamento; il loro esempio mostra di che cosa siano capaci i giovani quando si aprono all’incontro con Cristo».[20]

50. «Attraverso la santità dei giovani la Chiesa può rinnovare il suo ardore spirituale e il suo vigore apostolico. Il balsamo della santità generata dalla vita buona di tanti giovani può curare le ferite della Chiesa e del mondo, riportandoci a quella pienezza dell’amore a cui da sempre siamo stati chiamati: i giovani santi ci spingono a ritornare al nostro primo amore (cfr Ap 2,4)».[21] Ci sono santi che non hanno conosciuto la vita adulta e ci hanno lasciato la testimonianza di un altro modo di vivere la giovinezza. Ricordiamo almeno alcuni di loro, di diversi periodi storici, che hanno vissuto la santità ognuno a suo modo.

51. Nel III secolo, San Sebastiano era un giovane capitano della guardia pretoriana. Raccontano che parlava di Cristo dappertutto e cercava di convertire i suoi compagni, fino a quando gli ordinarono di rinunciare alla sua fede. Poiché non accettò, gli lanciarono addosso una pioggia di frecce, ma sopravvisse e continuò ad annunciare Cristo senza paura. Alla fine lo frustarono fino ad ucciderlo.

52. San Francesco d’Assisi, quando era molto giovane e pieno di sogni, sentì la chiamata di Gesù ad essere povero come Lui e a restaurare la Chiesa con la sua testimonianza. Rinunciò a tutto con gioia ed è il santo della fraternità universale, il fratello di tutti, che lodava il Signore per le sue creature. Morì nel 1226.

53. Santa Giovanna d’Arco nacque nel 1412. Era una giovane contadina che, nonostante la giovane età, combatté per difendere la Francia dagli invasori. Incompresa per il suo aspetto e per il suo modo di vivere la fede, morì sul rogo.

54. Il beato Andrew Phû Yên era un giovane vietnamita del XVII secolo. Era catechista e aiutava i missionari. Venne fatto prigioniero per la sua fede e, poiché non volle rinunciarvi, fu ucciso. Morì dicendo: “Gesù”.

55. Nello stesso secolo, Santa Kateri Tekakwitha, una giovane laica nativa del Nord America, fu perseguitata per la fede e nella sua fuga percorse a piedi più di trecento chilometri attraverso fitte foreste. Si consacrò a Dio e morì dicendo: “Gesù, ti amo!”.

56. San Domenico Savio offriva a Maria tutte le sue sofferenze. Quando San Giovanni Bosco gli insegnò che la santità comporta l’essere sempre gioiosi, aprì il suo cuore ad una gioia contagiosa. Cercava di stare vicino ai suoi compagni più emarginati e malati. Morì nel 1857 all’età di quattordici anni, dicendo: “Che meraviglia che sto vedendo!”.

57. Santa Teresa di Gesù Bambino nacque nel 1873. All’età di quindici anni, superando molte difficoltà, riuscì ad entrare in un convento carmelitano. Visse la piccola via della fiducia totale nell’amore del Signore proponendosi di alimentare con la sua preghiera il fuoco dell’amore che muove la Chiesa.

58. Il beato Ceferino Namuncurá era un giovane argentino, figlio di un importante capo delle popolazioni indigene. Divenne un seminarista salesiano, col forte desiderio di ritornare alla sua tribù per portare Gesù Cristo. Morì nel 1905.

59. Il beato Isidoro Bakanja era un laico del Congo che dava testimonianza della sua fede. Fu torturato a lungo per aver proposto il cristianesimo ad altri giovani. Morì perdonando il suo carnefice nel 1909.

60. Il beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925, «era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava anche tante difficoltà della sua vita».[22] Diceva di voler ripagare l’amore di Gesù che riceveva nella Comunione visitando e aiutando i poveri.

61. Il beato Marcel Callo era un giovane francese che morì nel 1945. In Austria venne imprigionato in un campo di concentramento dove confortava nella fede i suoi compagni di prigionia, in mezzo a duri lavori.

62. La giovane beata Chiara Badano, che morì nel 1990, «ha sperimentato come il dolore possa essere trasfigurato dall’amore […]. La chiave della sua pace e della sua gioia era la completa fiducia nel Signore e l’accettazione anche della malattia come misteriosa espressione della sua volontà per il bene suo e di tutti».[23]

63. Che costoro, insieme a tanti giovani che, spesso nel silenzio e nell’anonimato, hanno vissuto a fondo il Vangelo, intercedano per la Chiesa, perché sia piena di giovani gioiosi, coraggiosi e impegnati che donino al mondo nuove testimonianze di santità.