Giovani custodi del mondo – riflessione biblica
Giovani custodi del mondo
Gen 1, 29-31
Riflessione biblica di don Luigi Verdi (Fraternità di Romena)
“E Dio vide tutto quello che aveva fatto ed ecco, era molto buono”, e qui “buono” significa anche “bello”. Come se Dio esclamasse alla fine della creazione: “E’ bellissimo!” Mi piace questo Dio soddisfatto del suo lavoro e che quasi si congratula con se stesso. Me lo immagino, a guardare le montagne, il mare, i prati, i fiumi e laghi, i fiori, le cascate, gli animali del mare e della terra, gli insetti; lo vedo con gli occhi sorridenti alla luce del tramonto e poi a quella dell’alba e poi a fissare le stelle e la luna nel suo cammino nel cielo. Lo vedo che si emoziona contemplando le maree, o lo sbocciare dei fiori, o il volo delle farfalle. Ma soprattutto me lo immagino con occhi lucidi e fieri a sorridere sui suoi capolavori, l’uomo e la donna: occhi di babbo che vedono un figlio per la prima volta, occhi di mamma che piangono di gioia.
Vorrei vedere il mondo con gli occhi di Dio ed emozionarmi anche io, come lui. Vorrei provare la sua stessa meraviglia dinanzi alle persone e alla natura, il suo stesso incanto di fronte al creato, vorrei come lui compiacermi della bellezza che mi circonda e che invece, il più delle volte, lascio passare indifferente sotto i miei occhi. Per fretta, per noia, per abitudine. Siamo fatti di fango e di luce, siamo un “soffio di vita” simile a quello che anima tutto il lavoro di Dio, ma in più a noi esseri umani è stato dato il respiro di Dio e in virtù di questo respiro siamo i custodi del creato.
“Custodire e coltivare” è il compito che ci viene affidato all’origine della nostra esistenza: custodire la bellezza, l’energia della vita che si sprigiona davanti a noi e che non ci appartiene e non possediamo; siamo chiamati a vegliare sulla straripante e continua novità dell’universo. E coltivare, come pazienti contadini, i semi di questa bellezza, le piccole piante della nostra amicizia col creato e con le creature, fino a farle diventare alberi imponenti, maestosi, alla cui ombra poterci riposare.
I frutti, sì quelli, saranno i nostri: e sarà un rapporto con la terra libero dal possesso e dallo sfruttamento, impregnato di rispetto e gratitudine per quello che la terra dona; sarà un sentirsi collaboratori di Dio nella custodia della creazione. E sarà ancora un fiorire di relazioni in cui il sentirci riconoscenti dei doni ricevuti ci renderà solidali e giusti, senza alcuna prepotenza o desiderio di fare prigionieri o rendere schiavi gli altri. Tra di noi fratelli e figli di un Dio che piange di gioia per noi. Siamo fatti di fango e di luce, di materia fragile siamo impastati, ma in noi c’è il ricordo e la nostalgia di tutto il buono da cui proveniamo. Quello stesso buono che è principio di ogni altra cosa e che ci accomuna in questa meravigliosa e incantevole vita.
Sono capace di rispetto per la natura? Sento dentro di me che ogni cosa e ogni persona non mi appartengono e mio compito è quello di aiutare a fiorire?